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Intervista a DANIELE RAVAGLIA
Direttore Generale Emil Banca
di Federica Pagliarone
Intervista a DANIELE RAVAGLIA
Direttore Generale Emil Banca
di Federica Pagliarone
In un periodo di forte crisi economica come quello attuale, l’attività d’innovazione e d’investimento delle imprese è uno dei pochi modi per poter superare le difficoltà ed essere preparati per la futura ripresa economica

 

Oggi più che mai, il finanziamento di progetti imprenditoriali è il presupposto fondamentale per la crescita del PIL, ma se le grandi imprese sfruttano i finanziamenti dei mercati finanziari, le medie e piccole imprese hanno bisogno del credito bancario per poter finanziare la propria attività. Essendo l’economia Italiana costituita per il 90% da un tessuto produttivo di PMI, risulta evidente come il sistema bancario sia essenziale per la crescita del paese; purtroppo però ciò non accade, tanto che le PMI incontrano maggiori difficoltà nell’accesso al credito. A tale proposito, abbiamo sentito il parere del Dott. Daniele Ravaglia, Direttore Generale Emil Banca Credito Cooperativo.

 

Direttore, l’accesso al credito è fondamentale per le imprese, tanto che recentemente si levano appelli da parte del mondo economico per chiedere alle banche una maggiore disponibilità verso le PMI: lo ritiene possibile?

Il dato fornito dalla Banca d’Italia sulle perdite del sistema bancario, a seguito della incapacità delle imprese (grandi e piccole) di rimborsare i crediti, ha raggiunto livelli di guardia. E’ evidente che la selezione che il sistema bancario effettua oggi è più rigorosa che in passato. Ma questo, almeno per quanto ci riguarda, non impedisce l’accesso al credito per coloro che presentano progetti seri e credibili. Il nostro istituto sta impiegando più di quanto ha raccolto, mettendo in circolo anche del proprio capitale. Se c’è chi sta stringendo i cordoni della borsa nei confronti delle aziende, non sono le banche di credito cooperativo. Certo che, in momenti di forte crisi economica, ritengo sia possibile dare maggiore assistenza alle imprese quando il rischio è condiviso; trovo quindi necessario valutare il capitale che l’imprenditore impegna nella sua azienda e, ove possibile, ricorrere a forme di divisione del rischio come avviene attraverso i consorzi di garanzia.

 

L’avversità a concedere crediti da parte delle banche potrebbe risiedere nelle restrizioni dettate da Basilea 3 che le costringe a livelli di capitalizzazione più elevati rispetto alle precedenti norme?

Non c’è dubbio. I requisiti che vengono richiesti sono fortemente condizionanti, non solo sulla concessione del credito ma anche sul tipo di credito che si concede (in base alla durata ed alle garanzie a presidio). Ma la cosa incredibile è che queste regole stanno penalizzando fortemente le banche che fanno credito rispetto a quelle che fanno pura finanza; un’assurdità visti i devastanti danni che la finanza cosiddetta “creativa” ha fatto nelle economie di tutto il mondo.

 

Le banche oggi rischiano meno nell’economia reale e si buttano di più nell’acquisto dei titoli di stato che garantiscono un profitto di brevissimo periodo: non crede che con tale mossa contribuiscano all’aggravarsi della crisi?

L’acquisto di titoli di stato da parte di grandi investitori come le banche non va demonizzato ma letto anche nella sua accezione positiva. In un periodo storico così difficile in cui gli investitori internazionali hanno ridotto fortemente le disponibilità ad investire in titoli di stato italiani, questi tipi di intervento hanno reso oggettivamente meno rischioso l’equilibrio finanziario del nostro Paese. In ogni caso credo sia opportuno fare delle distinzioni. Le Banche di Credito Cooperativo non si sono mai avventurate nella finanza fine a se stessa per sottrarsi al loro ruolo di sostenitrici dell’economia reale. Qui, anche assumendosi maggiori rischi degli altri istituti, hanno riposto le proprie energie, nella misura in cui ciò era possibile. E oggi forse sono costrette a pagare le conseguenze di questo agire. Come detto Emil Banca, ad esempio, ha raggiunto il massimo livello di credito concedibile, in rapporto alla raccolta detenuta. Altre Banche invece, pur avendo a disposizione grandi riserve di liquidità, in parte provenienti anche dalla BCE e non avendo raggiunto i limiti di impiego, hanno preferito investire in attività più speculative e quindi redditizie.

 

Non sarebbe importante che gli istituti bancari tornassero a finanziare l’economia reale, ri­schiando e credendo nella fattibilità dei progetti imprenditoriali?

E’ troppo facile la risposta: certo! Ma questo non avverrà se le condizioni generali dell’economia non permetteranno ai progetti di cui lei parla di vedere una loro positiva realizzazione. Non è solo la concessione di credito (che ricordo va poi rimborsato) che determina la ripresa economica. Occorrono anche altri elementi: l’idea imprenditoriale deve poter essere profittevole e l’imprenditore deve impegnare anche risorse proprie. Se questo avviene le nostre porte sono e saranno sempre aperte.

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