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Intervista a RAFFAELE BONANNI
Segretario Generale Cisl
Intervista a RAFFAELE BONANNI
Segretario Generale Cisl
Di fronte alla difficile condizione dei giovani nel nostro Paese, servono scelte economiche finalizzate alla promozione dell’occupazione. Per essere efficaci tali scelte dovranno essere costruite in un clima di condivisione di obiettivi, coesione sociale e cooperazione tra tutti i soggetti sociali, economici ed istituzionali

 

Su chi sta pesando maggiormente la crisi economica che l’Italia sta attraversando?

Sta pesando sulle persone più deboli, sui disoccupati, sui pensionati che arrivano a stento a fine mese, sui cassintegrati, sui giovani e sulle donne, che soprattutto nel Mezzogiorno fanno fatica ad entrare nel mercato del lavoro, sugli ‘esodati’, che sono rimasti senza ammortizzatori e senza pensione. Uno dei settori più colpiti è senz’altro quello industriale. A nessuno sfugge, ad esempio, l’equilibrio precario in cui versano ormai da mesi gli operai di Alcoa e di Ilva, che stanchi ed esasperati stanno dando vita a gesti estremi di protesta. Anche i comparti metalmeccanico e dell’edilizia risultano fortemente colpiti, con il settore delle costruzioni che registra dati allarmanti: quasi mezzo milione di lavoratori esclusi dal mercato. Il problema è che aumenta sempre di più la forbice tra ricchi e poveri, con la crisi che pesa sulle classi più deboli della nostra società.

 

Quale impulso di crescita possono portare le relazioni sindacali all’interno di un’azienda? O sono solo un limite, come spesso vengono vissute?

Di sicuro buone relazioni sindacali all’interno delle singole aziende possono favorire e non intralciare processi di crescita e di sviluppo. Se ben condotte, infatti, creano un’efficace e solidale convergenza di interessi tra lavoratori ed imprenditori nel governo dell’impresa e negli indirizzi di riforma. Non a caso la Cisl ormai da tempo cerca di porre l’azienda ed il territorio al centro dell’attività sindacale, trasformando le categorie e i rappresentanti aziendali nel vero motore di sviluppo delle politiche contrattuali. Ecco perché la nostra parola d’ordine è ‘contrattazione’, che da una parte permetterà alle grandi e piccole imprese di poter rispondere meglio alle sfide del mercato e della competitività, dall’altra consentirà ai dipendenti di interagire con i datori di lavoro, operando meglio e con stipendi più alti legati alla produttività. E soprattutto si darà ancora più forza agli enti bilaterali, per gestire insieme la formazione e l’aggiornamento ed ogni altro aspetto della vita aziendale.

 

Quali possono essere le misure rivolte ai giovani, affinché il lavoro non resti per loro una chimera?

Il lavoro può venire solo dalla buona economia, non dalle leggi. Di fronte alla difficile condizione dei giovani nel nostro Paese, servono scelte economiche finalizzate alla promozione dell’occupazione. Per essere efficaci tali scelte dovranno essere costruite in un clima di condivisione di obiettivi, coesione sociale e cooperazione tra tutti i soggetti sociali, economici ed istituzionali. Rilanciare l’occupazione nel nostro Paese, a partire da quella giovanile, significa innanzitutto sostenere la ripresa attraverso misure di stimolo alla crescita, alla produttività, agli investimenti italiani e stranieri, alla creazione di nuove imprese, alla riconversione industriale. Significa intervenire sui fattori di contesto: energia, tasse locali, giustizia, pubblica amministrazione, servizi. Bisogna rendere più facili gli investimenti, abbassando le tasse per chi assume i lavoratori, o investe in qualità e ricerca. Occorre far leva su formazione ed apprendistato, che permettano un’effettiva interazione tra scuola e mercato del lavoro. Infatti, una delle cause del difficile inserimento lavorativo dei giovani, sta proprio nel non facile rap­porto tra la preparazione offerta da scuola ed università e le richieste di professionalità.

 

A livello imprenditoriale, quali sono le regole da rivedere sul mercato del lavoro, che possono aiutare ad uscire da una situazione ormai drammatica per tanti lavoratori, ma anche per tanti datori di lavoro? È possibile una cooperazione?

Di sicuro fondamentale è alimentare una maggiore interazione tra dipendenti e datori di lavoro. Per fare questo, occorre da una parte individuare adeguate procedure di decisione sui processi produttivi e, dall’altra, garantire la partecipazione dei lavoratori al capitale di rischio attraverso l’azionariato in forma collettiva. Non a caso, la Cisl da tempo parla dell’importanza del modello partecipativo delle relazioni industriali, che possa favorire un’efficace e solidale convergenza di interessi tra dipendente ed imprenditori. La cooperazione diventa l’arma vincente per uscire dalla crisi. Ecco perché è fondamentale raggiungere un’intesa con le imprese che contenga l’indicazione di rinnovare i contratti nazionali, accogliendo le novità dell’accordo del 28 giugno 2011, per aumentare la produttività e con essa i salari. Ma per arrivare alla stipula di questo patto sociale, a cui sindacati ed imprese sono positivamente indirizzati, di primaria importanza diventa anche la disponibilità del Governo, che deve fare la sua parte destinando più risorse alla detassazione del premio di produttività e riducendo le tasse sugli investimenti delle imprese. La nostra speranza è che adesso tutti si assumano le proprie responsabilità, sindacati, imprese, istituzioni, per portare avanti questa importante partita, senza la quale il Paese non può tornare a parlare di sviluppo e di crescita.

 

Rilanciare l’occupazione nel nostro Paese, a partire da quella giovanile, significa innanzitutto sostenere la ripresa attraverso misure di stimolo alla crescita, alla produttività, agli investimenti italiani e stranieri, alla creazione di nuove imprese, alla riconversione industriale

 

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