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Intervista all'Avvocatessa MILENA PINI
presidente nazionale Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e i Minori (AIAF)
Intervista all'Avvocatessa MILENA PINI
presidente nazionale Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e i Minori (AIAF)

Oggi l’affidamento condiviso è disposto nella quasi totalità dei casi, ma certo non ha risolto le difficoltà ancora esistenti nella nostra società, di una equa ripartizione tra donna e uomo delle responsabilità e dei compiti in ambito domestico e rispetto ai figli

 

L’Italia a che punto è, rispetto ad altri Paesi europei, nelle riforme sul diritto di famiglia?

La legislazione di un Paese in materia di diritti delle persone e della famiglia è strettamente connessa alla cultura del suo popolo e ai principi etici sui quali si fonda. Pertanto negli ultimi anni alcuni Paesi europei hanno varato leggi che riconoscono alle persone il diritto di scegliere il modello di famiglia più consono alle loro esigenze e ampia libertà nelle scelte che riguardano la propria vita e la morte. Il Parlamento Italiano, evidentemente condizionato dalla Chiesa Cattolica, ha sinora rifiutato di seguire tale orientamento, nonostante le richieste che provengono dalla società civile di un maggior riconoscimento dei diritti delle persone. Tali difficoltà di modificare la legislazione esistente riguardano persino la possibilità di ottenere in determinati casi (ad esempio in assenza di figli) il divorzio, in alternativa alla separazione, o di poter adottare un figlio da parte di una persona single.

 

A distanza di sette anni dalla legge, quale bilancio si può fare sull’affido condiviso? E perché la parità di doveri e compiti tra le madri e i padri italiani è così difficile da raggiungere, a differenza dei Paesi nordici?

L’affidamento condiviso introdotto dalla legge 54/2006 ha contribuito positivamente ad un maggiore coinvolgimento dei padri nella gestione della vita dei figli, dopo la separazione.
Oggi l’affidamento condiviso è disposto nella quasi totalità dei casi, ma certo non ha risolto le difficoltà ancora esistenti nella nostra società, di una equa ripartizione tra donna e uomo delle responsabilità e dei compiti in ambito domestico e rispetto ai figli. I problemi che emergono nella fase della separazione della coppia hanno origine durante il matrimonio o il rapporto di convivenza. Occorrerebbe preparare i giovani ad affrontare con maggiore responsabilità e consapevolezza il progetto di creare una famiglia, con una prospettiva non effimera, ma di lunga durata.

 

La famiglia, anche quella apparentemente più normale e “perbene” può diventare luogo di violenza inaudita. Spesso a farne le spese sono mogli e figli. Qual è la situazione, ad oggi, e quali tutele esistono per proteggere realmente chi la violenza non la vuole subire?

L’Italia da alcuni anni ha in Europa il triste primato del numero di morti violente di donne per mano di mariti, fidanzati e familiari. È una situazione che peraltro si sta aggravando e che dovrebbe vedere una maggiore sensibilizzazione e mobilitazione da parte dell’intera società. La legge 154/2001 ha introdotto delle misure a tutela dei soggetti deboli (minori e donne) contro i maltrattamenti in ambito familiare, ma spesso le donne si limitano a fare denunce alla forza pubblica, senza promuovere avanti il tribunale il procedimento per l’allontanamento del partner violento. Occorrerebbe un intervento più deciso e protettivo
delle vittime da parte della forza pubblica, soprattutto nel caso di stalking attuato da ex coniugi ed ex fidanzati. Altrettanto utile sarebbe una maggiore diffusione sul territorio
di centri pubblici, istituiti dai Comuni, dove le donne e i minori possano trovare assistenza ed accoglienza quando si trovano in queste situazioni.

 

I tempi della giustizia, nel diritto di famiglia, sono lunghissimi. Quanto incidono sul benessere dei bambini coinvolti in separazioni conflittuali? Esistono soluzioni?

Va precisato che sono molto lunghi i tempi dei procedimenti contenziosi di separazione e divorzio, dove manca l’accordo tra le parti, sulla regolamentazione dei loro rapporti
genitoriali, o su questioni economiche. Si tratta però di una percentuale molto ridotta, che secondo i dati Istat non supera la media nazionale del 10% sul totale complessivo
delle separazioni e dei divorzi.
Nel 90% dei casi le parti riescono a trovare un accordo per la separazione consensuale e i tempi per ottenere l’udienza avanti al Presidente del tribunale sono in media da uno a tre mesi dal deposito del ricorso. Quando il procedimento è contenzioso è necessario svolgere
un’istruttoria, e spesso il tribunale dispone delle consulenze tecniche per valutare le capacità e risorse dei genitori, oppure per accertare la consistenza del patrimonio e il reddito e tenore di vita delle parti. Queste cause possono protrarsi anche per due-tre anni e spesso si risolvono in modo insoddisfacente per tutti. Durante questo periodo il conflitto
rimane acceso e i figli ne subiscono le conseguenze più dolorose, spesso rivendicati dall’uno e dall’altro genitore. Purtroppo è irrealistico pensare che non vi siano casi patologici
che arrivano a questi eccessi. Va peraltro detto che i tribunali già oggi scoraggiano efficacemente questo tipo di procedimenti e spesso giungono ad affidare i figli minori ai servizi sociali per indurre i genitori a responsabilizzarsi e a collaborare tra loro.

 

Le associazioni non profit e le cooperative sociali che si occupano di minori possono essere di sostegno e supporto ai protagonisti di separazioni conflittuali (nella mediazione, nell’aiuto al minore ad elaborare paure e traumi, nell’indicare modi buoni ai genitori)?

I servizi pubblici e privati che sul territorio svolgono una attività a sostegno della famiglia e dei minori possono certamente contribuire a migliorare le capacità educative dei genitori e la loro collaborazione nell’interesse dei minori. È però necessario che tale attività sia svolta da chi abbia un’effettiva competenza ed esperienza professionale, e cioè da psicologi e mediatori familiari.

 

I tempi dei procedimenti contenziosi di separazione e divorzio, dove manca l’accordo tra le parti, sono molto lunghi. Costituiscono però una percentuale molto ridotta, che secondo i dati Istat non supera la media nazionale del 10% sul totale complessivo delle separazioni e dei divorzi. Nel 90% dei casi le parti riescono a trovare un accordo per la separazione consensuale e i tempi per ottenere l’udienza avanti al Presidente del tribunale sono in media da uno a tre mesi dal deposito del ricorso

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