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Intervista a PAOLO CREPET
Psicologo, psichiatra e scrittore
di Federica Pagliarone
Intervista a PAOLO CREPET
Psicologo, psichiatra e scrittore
di Federica Pagliarone

“Per secoli la famiglia è stata il pilastro della nostra comunità, il luogo dove crescevano i figli, si curavano i vecchi. Poi è arrivato il benessere e tutto è, pur lentamente, cambiato. La famiglia si è scoperta fragile, incapace di essere luogo autorevole e coerente”. Paolo Crepet, insigne psichiatra e sociologo italiano, analizza con noi l’evoluzione della famiglia che, negli ultimi anni, è avvenuta nel nostro Paese

 

Dottor Crepet, a suo avviso la famiglia oggi rappresenta ancora una speranza per l’umanità?

In linea di massima direi di sì, anche se la famiglia attuale è molto diversa rispetto a quella di vent’anni fa. Le denominazioni andrebbero aggiornate: oggi per famiglia si intende una comunità in cui il 50% delle persone sono separate, senza parlare poi dell’aumento dei matrimoni civili che ultimamente ha subito un’impennata.

 

Secondo la sua esperienza, quali sono le cause della disgregazione familiare e quanto ha influito in questo senso l’indipendenza, in primis economica, della donna?

Ritengo senz’ombra di dubbio che l’indipendenza delle donne sia da considerare un nuovo auspicio, per cui non credo proprio che possa essere associata alla crisi delle famiglie moderne, a meno che non vengano considerate delle S.p.a. dove il marito rappresenti l’azionista di riferimento. Ben vengano dunque donne con un proprio modello di 740 e famiglie fondate su un’unione di sentimenti e non su interessi bancari.

 

Nel nostro Paese è in atto, da tempo, una rivoluzione della paternità, e dunque della coppia, in un sentiero che dalla asimmetria conduce alla simmetria di ruoli. Cosa ne pensa?

Ritengo si tratti di un cambiamento molto civile, sebbene solo parzialmente realizzato. Essendo i padri, infatti, dei neofiti, quasi una sorta di apprendisti stregoni, è assolutamente necessario che vengano educati al loro nuovo ruolo genitoriale.

 

Che messaggio ha voluto dare ai genitori con il libro Sfamiglia (2009) – Vademecum per un genitore che non si vuole rassegnare?

Il libro vuole essere un aiuto ai genitori affinchè capiscano i limiti legati al proprio ruolo, in poche parole rappresenta un atto d’incoraggiamento. La maggior parte delle famiglie, infatti, è accomunata dal problema dell’incomunicabilità generazionale che vede, da una parte la generazione adulta di genitori che non sanno comunicare e delegano alla tecnologia (televisione, computer, videogiochi) questo compito; dall’altra i giovani che, a loro volta, hanno eretto un muro e creato un mondo a sé, riempendolo di suoni, immagini, videogiochi e tanta solitudine.

 

Spesso ha parlato della deriva accondiscendente e consumistica del rapporto genitori-figli. Sono i padri e le madri a non voler piú crescere?

Bambini maleducati, adolescenti senza regole, ragazzi ubriachi ed indifferenti, giovani senza occupazione che, invece di prendere in mano la propria vita, vegetano senza studiare né lavorare. Genitori che si lamentano di una generazione arresa e senza passioni: è questo purtroppo il quadro della famiglia moderna. Ma ad arrendersi, per primi, sono proprio i genitori che, con la loro accondiscendenza, hanno sottratto ai figli l’essenziale, ossia il desiderio, salvaguardando un quotidiano quieto vivere privo di emozioni ed ambizioni
dove rimbomba solo l’elenco delle lamentele contro la società e la politica. Come se questo mondo non l’avessero creato proprio loro!

 

Lei ha dichiarato che uno dei problemi delle famiglie di oggi consiste nel fatto che non si educano più i figli, illudendosi che per il futuro non ce ne sia bisogno. C’è davvero un’emergenza educativa?

Nella vita di una persona, come ho appena detto, l’essenziale è il desiderio. Non c’è vita, senza desiderio. Invece noi ai figli lo togliamo. Per non rischiare, non poniamo limiti. E se poi, per un rifiuto, per un no, ci si sente in colpa, non si è autorevoli. Educare invece comprende una fatica: il fatto che non vogliamo far fatica, porta a pensare che neanche i nostri figli debbano farla, invece educare è fondamentale in quanto significa preparare le nuove generazioni alle difficili, ma anche meravigliose, sfide del futuro. Personalmente, attraverso la Scuola per Genitori (www.impresafamiglia.it) di cui sono direttore scientifico da oltre 10 anni, cerco di indicare un metodo educativo ai genitori che oggi sono i soggetti più bisognosi di trovare dei “soci”, dei partner.

 

Spesso si parla di figli “bamboccioni” e timorosi di crescere. Come possiamo aiutarli ad affrontare il futuro in autonomia?

Tanti anni fa, prima ancora che si parlasse dei cosiddetti “bamboccioni”, scrissi un libro dal titolo I figli non crescono più (2005), a testimonianza del fatto che questo non è un problema recente, ma almeno degli ultimi 15-20 anni. Un problema legato al benessere e ad una sorta di pacificazione familiare che ha azzerato regole e no. Per malinteso senso d’amore, oggi i genitori pensano che frustrazioni e dolore siano inutili zavorre nella mongolfiera dei figli. Sono convinti che senza quei pesi i ragazzi potrebbero viaggiare più leggeri e veloci. Invece, si verifica l’esatto opposto: una vita senza ostacoli li rende fragili, annoiati ed immaturi.

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