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PIETRO SEGATA
Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce
PIETRO SEGATA
Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce

Sull’argomento affrontato in questo numero dal nostro periodico ognuno di noi approccia con un ingombrante bagaglio di certezze, poco disponibile ad un confronto che le possa demolire tutte o in parte. L’emotività profonda, presente anche in chi ricerca, domina la dialettica e rende vano ogni meritorio tentativo di fare un passo in avanti rispetto ad una immagine di “famiglia” di cui ognuno di noi conserva nella propria “urna” un impenetrabile modello. Allora, per giocare un po’, perché in questi casi l’ironia, come la satira in politica,
aiuta a disvelare, sarà questa la mia arma “bianca”. Io immagino di essere Omar e propongo alla vostra attenzione una originale ed eccentrica dimensione della mia famiglia. Sono un padre affettuoso, ma immaturo. Un padre “bambino” che insegue i propri sogni sfuggendo inconsapevolmente alle responsabilità che il ruolo, a me assegnato dalla società dei benpensanti, imporrebbe. Marge, mia moglie, non è molto diversa da me, così come non sono diversi i miei figli Bart, Lisa e Magie. Il nostro quotidiano è segnato da azioni che disgregherebbero anche la più solida convivenza, in un contesto senza tutele e protezione sociale, simile in apparenza a quello stereotipo di comunità, di ispirazione anglosassone, dove lo Stato non intende mai sostituirsi ed invadere la sfera individuale. In ultima istanza l’ingrediente che argina, salva e rigenera la mia famiglia è l’affetto e il rispetto che c’è tra noi, ed un pizzico di fortuna. Questa famiglia piace molto ai bambini, ed anche a molti adulti, che rimangono ore incollati davanti al video per seguirne le improbabili avventure. Tutti, sorridendo, si sentono padri, madri e figli, allo stesso tempo e indistintamente.
Trovare, quindi, un minimo comune denominatore ed una cornice all’interno della quale collocare esperienze uniche non è facile, ma è dunque possibile. Il rischio del conflitto o di una forte omologazione è reale: bisogna quindi, a mio avviso, procedere con gradualità e con grande apertura, spogliandosi di ogni pregiudizio.
Nessuna iniziativa, che non leda i diritti di alcuno ed in particolare del minore, deve essere a priori esclusa. La nostra Cooperativa nel suo piccolo, per esempio, ha sempre introdotto, misurandone l’efficacia, via, via strumenti di sostegno alla genitorialità e alle famiglie, cercando di non imporre alle sue lavoratrici e ai suoi lavoratori una univoca visione. In una recente Assemblea ho chiesto al Gruppo di Lavoro, che si occupava della revisione del nostro Regolamento Interno, di esporsi ulteriormente inserendo nel documento di indirizzo, da proporre ai Soci, l’ipotesi di estendere alle “unioni civili” il congedo che, per legge, sino ad ora è riservato al “matrimonio”. Attendiamo ora il legislatore per poter tradurre questa sollecitazione in una pratica. Riteniamo che aver espresso formalmente la nostra convinzione su questa necessità futura sia già un passo in avanti verso una società culturalmente più aperta ed includente.

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