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Intervista a LAURA PALAZZANI
Vicepresidente del Comitato nazionale di Bioetica, Presidenza del Consiglio dei Ministri del Governo Italiano
Intervista a LAURA PALAZZANI
Vicepresidente del Comitato nazionale di Bioetica, Presidenza del Consiglio dei Ministri del Governo Italiano

Il compito oggi dell’etica e della bioetica è di tematizzare, difendere e garantire, nell’era tecnologica, il fondamento della dignità umana e dei diritti fondamentali irrinunciabili, nell’orizzonte di una tutela della priorità dell’uomo rispetto alle istanze del progresso tecnoscientifico

 

Di bioetica si parla quando si toccano argomenti spinosi legati alla sessualità, o alla morale (il modello naturale di famiglia, lo statuto ontologico e il rispetto del soggetto umano non ancora nato, l’eutanasia e gli interventi di manipolazione genetica …) che, in quanto tale, può non essere vista come dato oggettivo. Ma cos’è la bioetica, in senso lato, e di cosa si occupa?

Non è facile dare una definizione esaustiva di bioetica. Si può dire che la bioetica si occupa della ricerca di una giustificazione razionale dei limiti di liceità morale e delle implicazioni sociali dei problemi sollevati dalle nuove possibilità di intervento sulla vita, umana e non umana, interventi resi possibili dallo sviluppo della tecno-scienza in biomedicina. Ai problemi ormai ‘classici’ della bioetica, quali lo statuto dell’embrione umano, le tecnologie riproduttive, le diagnosi prenatali, le manipolazioni genetiche, l’eutanasia, l’accanimento terapeutico, i trapianti, si affacciano sempre nuovi problemi: neuroscienze, biologia sintetica, potenziamento, biometria, nanotecnologie, telemedicina, robotica. Fanno parte della bioetica anche i problemi ‘quotidiani’ del rapporto medico paziente, la sperimentazione clinica, la distribuzione delle risorse sanitarie, la bioetica interculturale, ma anche la bioetica animale e ambientale.

Che ruolo può avere la bioetica, in uno Stato laico?
La bioetica può avere il ruolo di informare e formare il cittadino ad una coscienza critica razionalmente fondata sui problemi emergenti dalle biotecnologie. È, del resto, sempre più avvertita la rilevanza di una partecipazione civica al dibattito su questioni etiche delle biotecnologie, che toccano i dilemmi morali rispetto alla vita e alla morte, alla salute e alla malattia. Tale partecipazione in uno Stato laico e in una società pluralistica (sul piano religioso ed etico) deve essere razionalmente giustificata, nello sforzo di ricercare valori comuni minimi.

Possiamo definire questo nostro tempo come un momento di crisi dei diritti fondamentali dell’uomo e quindi, come un tempo che va guardato e affrontato anche da un punto di vista etico?
Certamente da un lato la spinta verso l’uso delle nuove tecnologie rese disponibili dall’inarrestabile progresso scientifico e dall’altro lato la spinta delle etiche libertarie e utilitaristiche che pongono al centro la autodeterminazione individuale e la convenienza degli interessi, aprono delle problematicità sul piano giuridico e mettono in discussione
nelle società tecnologicamente avanzate alcuni diritti umani. Il compito oggi dell’etica e della bioetica è di tematizzare, difendere e garantire, nell’era tecnologica, il fondamento della dignità umana e dei diritti fondamentali irrinunciabili, nell’orizzonte di una tutela della priorità dell’uomo rispetto alle istanze del progresso tecnoscientifico.

La relazione tra bioetica e diritto: per fare una legge, o per modificarla, bastano una maggioranza e il rispetto di regole e legalità. Esistono invece diritti fondamentali che non possono essere modificati nemmeno da una maggioranza e quali sono secondo lei?
Non è facile il passaggio dalla bioetica al biodiritto. La società avverte sempre più, oggi, l’esigenza di una regolamentazione delle biotecnologie, ma la regolazione è difficile da elaborare. Ne è prova il ritardo del biodiritto nella legislazione e la complessità del rapporto tra biolegislazione e biogiurisprudenza. Non è facile trovare maggioranze nel processo di legiferazione, non è semplice elaborare nuove normative inserendole nell’ordinamento giuridico, senza produrre incoerenze interne, o non conformità rispetto al diritto internazionale, o legislazione di Paesi geograficamente vicini. Il rischio è che le leggi in bioetica, faticosamente elaborate, invecchino rapidamente, rispetto alla velocità del progresso, non rispondano al sentire sociale, si pongano in un difficile rapporto interpretativo rispetto ai principi generali dell’ordinamento e del diritto internazionale. Ecco perché in questo contesto è importante un richiamo alla fondazione di diritti fondamentali irrinunciabili che ogni legislazione (a prescindere dalle maggioranze interne, variabili), almeno nel senso generale, dovrebbe rispettare. Diritti fondamentali che sono identificabili nel riconoscimento della dignità della persona.
Con questa espressione ci si riferisce non all’individuo in grado di essere autonomo o all’individuo che calcola i propri interessi, ma all’essere umano riconosciuto come soggetto, sempre da trattare come fine e mai come mezzo.

Qual è il ruolo del Comitato Nazionale per la Bioetica?
La bioetica è divenuta una realtà istituzionale in ogni Paese del mondo. È un dato di fatto che in quasi ogni Paese in Europa e negli altri Continenti si sia costituito un Comitato nazionale. La funzione dei Comitati Nazionali consiste nel difficile e delicato ruolo di intermediazione etica tra scienza/tecnologia da una parte e società/governi dall’altra. L’obiettivo delle discussioni del Comitato è di elaborare Pareri che possano contribuire
a fornire gli strumenti concettuali a chi governa e alla società in senso lato, per comprendere i problemi spesso complessi, dinamici, mutevoli e la loro rilevanza e urgenza delineando i possibili scenari/percorsi da intraprendere sul piano pubblico delle politiche sociali. I percorsi devono ricercare un bilanciamento tra esigenze di progresso della scienza e della tecnologia e tutela dell’uomo degli uomini, affermando il primato dell’uomo sulla scienza, evitando le derive di un tecno-scientismo radicale, o di un altrettanto radicale oscurantismo.

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