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Intervista a KATRIN SCHNEIDER
Assistente sessuale
Intervista a KATRIN SCHNEIDER
Assistente sessuale

Dare le proprie mani in prestito a chi non può usarle per procurarsi piacere in alcuni Paesi europei, oggi, è un lavoro vero e proprio, con tanto di diploma e spezza il tabù che da sempre accompagna la sessualità per le persone disabili. In Svizzera li chiamano “caresseur” e hanno frequentato un corso per acquisire conoscenze mediche, legali, sociali, sessuali e anche etiche. In altri Paesi europei, come l’Olanda, la Germania, la Danimarca, gli assistenti sessuali esistono da 30 anni

 

Katrin Schneider di anni ne ha 36 anni ed è un’assistente sessuale di origine tedesca: “Non mi piaceva molto studiare – racconta – e a 17 anni ho iniziato a lavorare come assistente di persone con problemi psichiatrici. Ho lavorato sia in una struttura vicino a Berlino, sia a domicilio. La maggior parte dei miei utenti erano adolescenti, o giovani adulti, quindi era normale che manifestassero anche desideri sessuali, di cui nessuno teneva conto. Ho visto madri disperate attivarsi in prima persona per soddisfare i bisogni sessuali dei propri figli, altre volte i padri li accompagnavano a prostitute. Non sto parlando di situazioni di devianza, ma di realtà quotidiane che avvenivano nel silenzio, in una società dove si fatica a pensare che una persona disabile senta un desiderio di questo tipo”. Oggi anche in Italia si parla di assistenti sessuali, da quando nelle nostre sale è arrivato il film “The sessions”,
che con grande delicatezza e crudezza tratta il tema sesso e disabilità. La protagonista, Helen Hunt, interpreta un’assistente sessuale e il film ha vinto il Sundance Festival.
“Cinque anni fa – continua Katrin – ho incontrato un’associazione che aveva ricevuto un finanziamento per avviare questa attività e mi sono proposta. I miei clienti sono ragazzi, o uomini, con gravi handicap, ma sono persone e come tali noi riconosciamo loro un diritto,
quello del piacere, che gran parte della società fatica ad ammettere. Un disabile, per il pensare comune non può essere un amante. Di lui, soprattutto se non è autosufficiente,
si ha una rappresentazione di quello che a noi è utile vedere che sia. Un tetraplegico, un distonico grave, un autistico, un down, per chi li accudisce rischiano di diventare semplici corpi, da cui ci aspettiamo qualche segno di conferma attraverso un sorriso, un buon profumo di pulizia, un comportamento non disturbante. Invece sono persone che hanno anche dei desideri e una capacità di scegliere. Sono capaci di volontà. Ho clienti che non parlano e non si muovono, ma riescono a farmi capire perfettamente se desiderano essere accarezzati, se vogliono solo guardarmi, se può far piacere un massaggio, o vogliono avere un’esperienza sensuale.”
Ad ascoltarla, Katrin sfata completamente l’idea di assistente sessuale come di una professionista del sesso, sembra più una brava psicologa: “Cos’è indispensabile per fare questo lavoro? Una grande sensibilità, un grande intuito e molta preparazione. I problemi più grandi non li incontro io, ma le famiglie di alcune di queste persone, in particolare i familiari di chi soffre di gravi problemi mentali. Avere un figlio, o un fratello psichiatrico,
è un’esperienza di vita a volte terribile. Si è soli, in certi momenti si ha paura, spesso c’è poco ascolto da parte della società, si vive isolati. Io mi sono trovata una sola volta a non riuscire a gestire un cliente schizofrenico, era diventato aggressivo e ho dovuto chiedere aiuto e allontanarlo. Non sono stata stigmatizzata per questo, ma la madre tornò da me per scusarsi di quello che era successo e mi raccontò piangendo la decisione di metterlo in un istituto. Una scelta condannata da parte dei parenti e dei volontari che ogni tanto lo portavano fuori. Voleva che io l’assolvessi, che dicessi a lei, madre che tante volte era stata picchiata, aggredita, sbattuta a terra, che aveva diritto di vivere senza avere paura. Queste persone fortemente disturbate hanno dei diritti, così come esistono diritti di chi ne ha cura, siano essi familiari, o assistenti, anche sessuali: un diritto ad essere informati, ad essere supportati, a condividere con altri la responsabilità della gestione, a non essere colpevolizzati quando diventa impossibile. Sì, nel mio lavoro a volte si dà una mano anche solo parlando e il sesso passa del tutto in secondo piano”. E il futuro, per Katrin, quale sarà? “Non credo che potrò fare questo mestiere tutta la vita – risponde – perché s’invecchia e i clienti – anche i disabili, certamente – hanno diritto ad avere donne carine e giovani. Ma sicuramente continuerò a lavorare nel sociale”.

 
ROTELLANDO PER MARI
Su una sedie a rotelle si può anche “andar per mare”. La prova è Fabrizio Marta (aka Rotex) che oltre ad essere affetto da Osteogenesi Imperfetta (sindrome delle ossa fragili) è stato colpito da una strana malattia: la “viaggite”. Ecco nascere “Rotellando”, un racconto multimediale fotografico, video ed editoriale per la presentazione di territori e viaggi visti da un’angolazione particolare, quella appunto della sedia a rotelle. Dopo aver rotellato per tutta l’Italia, Fabrizio è partito con Costa Crociere (www.costacrociere.it) per scoprire il mare. Così toccando i porti e le città in cui l’ammiraglia Fascinosa di Costa Crociere si è fermata (Venezia, Bari, Olimpia, Smirne, Istanbul e Dubrovnik), l’attenzione si è focalizzata sulle storie individuali di personaggi che vivono la loro diversità in straordinaria normalità, ma anche su come croceristi e membri dell’equipaggio percepiscono la diversità. Con lui il fotografo Marco Resti e la videomaker Francesca Serra. Tutti i racconti sono visibili sul suo blog personale www.rotellando.it
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