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Intervista a GHERARDO COLOMBO
Ex magistrato
Intervista a GHERARDO COLOMBO
Ex magistrato

Gherardo Colombo, ex magistrato del pool milanese di “Mani Pulite”, ora presidente della Garzanti, dopo aver condotto celebri inchieste nel corso della sua carriera, ha deciso di ritirarsi dal servizio per promuovere iniziative a difesa della legalità, della giustizia e del rispetto delle regole

 

Colombo, che proprio per tale attività ha ricevuto il Premio Nazionale Cultura della Pace 2008, incontra dai 40.000 ai 50.000 ragazzi l’anno, in ogni parte d’Italia. Lo chiamano sopratutto alle superiori, alle medie e qualche volta anche alle elementari. Di solito gli “incontri” tenuti da Colombo consistono generalmente in un’esposizione interattiva della durata complessiva di circa un’ora, alla quale segue una parte più specificamente dedicata alle domande, per un tempo complessivo di circa due ore, e vi partecipano dai 200 ragazzi in su. “La mia convinzione profonda – spiega Colombo – è che in uno stato di diritto, uno stato in cui tutti partecipano, anche se indirettamente, alla gestione della cosa pubblica e in cui esistono delle strade per modificare le regole che si ritengono ingiuste, le regole esistenti vadano osservate e basta. Ma è anche necessario fare una specie di gerarchia delle regole, poichè ci sono delle regole che hanno un rilievo eccezionale per la convivenza e ce ne sono altre che invece hanno un rilievo molto più limitato”. “La giustizia – prosegue Colombo – non può funzionare se i cittadini non hanno un buon rapporto con le regole. Potevo continuare a fare il magistrato per altri quattordici anni, ma ho deciso di smettere e di dedicarmi alla riflessione sulle regole proprio perché la ritengo indispensabile per il funzionamento della giustizia”. Ma Colombo non si limita solo alla sua instancabile attività educativa attraverso gli incontri nelle scuole, tanto da dedicare all’argomento “regole” diversi libri, tutti ricchi di interessanti spunti di riflessione, come ad esempio “Sulle regole” ed “Educare alla legalità”. Educare i figli, aiutarli a crescere e a diventare cittadini responsabili è un compito molto difficile, come sa bene ogni genitore. A questo proposito, il suo libro “Le regole raccontate ai bambini”, scritto in collaborazione con l’autrice Marina Morpurgo, vuole rappresentare un piccolo aiuto in questo complesso ma affascinante percorso educativo. Con parole facili e concetti semplici, infatti, introduce i bambini (e i loro genitori) nel mondo del diritto e ci ricorda che solo rispettando le regole avremo una società in cui saremo tutti liberi allo stesso modo. Ma “Allegropoli”, il paese di cui ci parla Colombo, dove ciascuno tira acqua al suo mulino e nessuno rispetta le regole, è davvero un mondo così immaginario? E una società senza regole può esistere o è destinata a crollare?
E’ vero, le regole Colombo vuole raccontarle ai bambini, ma il messaggio è adattissimo anche per gli adulti, rappresentando una straordinaria lezione di educazione civica. Secondo Colombo infatti è importante parlare di regole con tutti, adulti e piccini, poichè in questo paese vi è un rapporto molto difficile tra le persone e le regole che, se fossero più rispettate, ci farebbero vivere meglio. E’ necessario perciò riuscire ad entrare nella relazione tra persone e regole, in modo che si capisca che, osservandole, si può vivere in una società più armonica, nella quale ciascuno riesce a realizzarsi. Le regole, secondo Colombo, non sono precetti astratti, ma hanno ciascuna un criterio ispiratore. Una delle più importanti consiste nella convinzione che “ogni persona ha un valore, una sua dignità, e che tutti gli individui hanno qualcosa in comune. Questo qualcosa riguarda l’umanità intera: non siamo simili solo ai componenti della nostra famiglia, ai tifosi della nostra squadra di calcio, a chi ha la pelle bianca, scura o gialla come noi. Siamo simili anche a chi apparentemente è molto diverso
da noi, sia nell’aspetto che nelle idee”. In sintesi, Colombo cerca di far passare il messaggio che sta a noi dimostrare che un mondo migliore è possibile, che il ruolo di sudditi può essere rifiutato per far posto al rango di cittadini. Ma questo comporta un piccolo grande gesto di coraggio: non voltarsi dall’altra parte davanti al sopruso, pur se non ci tocca direttamente; non tollerare l’arroganza contro i deboli; essere noi i primi ad osservare la dignità altrui e a tutelare il bene comune.

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