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Intervista a MARIA CHIARA CARROZZA
Deputata ed Ex Ministro per l’Istruzione
Intervista a MARIA CHIARA CARROZZA
Deputata ed Ex Ministro per l’Istruzione

La scuola ha il dovere di garantire, a tutti i livelli del percorso scolastico, l’accoglienza e l’inserimento dei minori stranieri. È pur vero che ancora oggi in diverse aree del Paese sussistono barriere che impediscono la piena realizzazione di questo intento…

 

Oggi, in Italia, anche un minore irregolare ha diritto all’istruzione. È un passo avanti del nostro Paese nel riconoscere la Convenzione dei diritti dell’infanzia?
È sicuramente un doveroso adempimento degli articoli 2 e 28 della Convenzione sui diritti del fanciullo, oltre che la realizzazione di un preciso obbligo morale e civico. Garantire  l’istruzione a tutti i bambini, indipendentemente dal loro status giuridico, non può che essere la più sincera attuazione dei principi costituzionali su cui si fonda la Repubblica Italiana.

La scuola è aperta a tutti, è pronta anche a garantire accoglienza e integrazione? Gli insegnanti sono preparati alla sfida e hanno gli strumenti necessari per affrontarla?
La scuola ha il dovere di garantire, a tutti i livelli del percorso scolastico, l’accoglienza e l’inserimento dei minori stranieri. È pur vero che ancora oggi in diverse aree del Paese sussistono barriere che impediscono la piena realizzazione di questo intento: dobbiamo agire con il coinvolgimento di tutti i soggetti, in particolare degli insegnanti, che dovrebbero
essere sostenuti da un piano nazionale opportunamente contestualizzato alle varie realtà del nostro paese. Le “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”, che abbiamo elaborato quando ero Ministro al MIUR, contengono un esplicito riferimento anche al coinvolgimento delle famiglie, attori essenziali per l’inserimento dei figli nel nuovo ambiente scolastico. Infatti, senza un effettivo dialogo tra scuole e famiglie non sarà possibile per i docenti comprendere il contesto di provenienza e le reali esigenze degli alunni stranieri.

Definire linee guida per l’integrazione degli alunni stranieri nella scuola era necessario e perché?
Era dal 2006 che queste linee guida non erano aggiornate. Nel frattempo, vi è stata una considerevole evoluzione del contesto demografico e culturale in cui gli insegnanti si trovano ad operare. Questi mutamenti sono stati tali da richiedere una revisione di quel progetto in senso progressista, che si adeguasse anche ai nuovi bisogni e costituisse una valida piattaforma su cui basare il lavoro dei prossimi anni. Io sono convinta che la scuola sia la palestra per sperimentare e anticipare linee guida per il processo di integrazione
degli immigrati nella nostra società. Nonostante le difficoltà e la crisi, continuo a pensare che l’immigrazione rappresenti una grande opportunità per l’Italia.

Alcuni sostengono che inserire un bambino appena giunto nel nostro Paese in un contesto scolastico del quale non conosce lingua e cultura significhi discriminarlo, mentre per altri è inclusione sociale. Lei cosa ne pensa?
Certamente se non dotiamo la scuola degli strumenti opportuni per affrontare il tema dell’immigrazione, l’inserimento di minori senza il dovuto supporto può diventare addirittura controproducente: molto dipende dagli strumenti messi in campo dalla Scuola al momento dell’arrivo del bambino. Se le scuole sono sprovviste di mezzi, se non è stata compiuta un’adeguata opera di sensibilizzazione su insegnanti e alunni, allora l’inclusione del ragazzo può trasformarsi in silenziosa discriminazione. Ma se, al contrario, vi è un contesto pronto ad accoglierlo tramite corsi di lingua, attività che mettano in risalto la sua cultura d’origine e che permettano una condivisione di questo background con gli altri ragazzi italiani, ecco, allora siamo di fronte ad un vero e proprio processo di crescita collettiva. È questa la strada che dobbiamo percorrere, è questo l’obiettivo a cui mirare, sono questi i valori che devono ispirare la scuola del terzo millennio. Abbiamo tanti casi di successo in tutta Italia dove la scuola riesce a fare passi importanti nel processo
di integrazione.

L’accoglienza e l’integrazione possono diventare priorità del Piano dell’offerta formativa (POF), con un conseguente investimento di risorse per la formazione e l’aggiornamento dei docenti e di facilitazioni didattiche per gli alunni?
Indubbiamente è difficile stabilire quale principio debba essere in assoluto prioritario nei POF: l’educazione al rispetto ed all’ascolto reciproco rappresentano tuttavia uno dei valori da difendere tenacemente, anche contro facili populismi. Il successo dell’integrazione nelle scuole è la miglior risposta che possiamo dare a chi oggi mette in discussione il valore della condivisione culturale, arroccandosi invece in una anacronistica chiusura culturale e sociale.
Dalle scuole, come ormai avviene da diversi anni, possono giungere progetti sempre più ambiziosi che siano però contestualizzati alle realtà locali. Ambizione e concretezza non sono antitetiche, ma devono marciare su binari paralleli, sta alle scelte politiche trovare un equilibrio fra le risorse da destinare a queste come alle altre priorità della scuola.

Quale ruolo può avere la famiglia nell’integrazione scolastica dei minori stranieri?
Ho già fatto cenno al ruolo centrale che la famiglia del bambino straniero ha oggi nella sua formazione e nel suo inserimento nel nuovo contesto scolastico. Non dimentichiamoci però del prezioso contributo che le famiglie dei bambini italiani possono dare a questo processo. Se i bambini apprendono sin dai primi anni i valori del rispetto, dell’ascolto, dell’aiuto e – non da ultimo – sono stimolati a conoscere e ad interagire con altre culture, allora tutto questo percorso sarà agevolato.

Gli insegnanti di sostegno e gli assistenti o educatori di sostegno sono risorsa per l’integrazione e quali caratteristiche formative devono avere?
Gli insegnanti di sostegno e gli assistenti educativi sono una risorsa di cui la Scuola non può fare a meno e credo di averlo dimostrato durante la mia attività da Ministro con il piano di assunzioni che è in corso di implementazione. Naturalmente, anche questo è un profilo professionale che deve evolvere di pari passo con i tempi. All’insegnante di sostegno non può mancare innanzitutto un forte profilo interdisciplinare, che renda possibile un suo intervento operativo in tutti i settori e nelle varie materie. Inoltre, oggi è più che mai essenziale che i neo-assunti parlino fluentemente una o più lingue comunitarie. Nessuno può naturalmente pretendere che conoscano gli idiomi delle principali minoranze linguistiche presenti sul territorio, però, a titolo d’esempio, lingue come il francese rappresentano un importante strumento di mediazione e comunicazione interculturale
per interagire con la numerosa comunità maghrebina. Le iniziali ed inevitabili difficoltà linguistiche non possono e non devono essere d’ostacolo al dialogo. A scuola gli orizzonti diventano più ampi. Tocca a noi valorizzare quegli aspetti che progressivamente faranno dell’Italia la terra delle culture e delle opportunità.

Non dimentichiamoci però del prezioso contributo che le famiglie dei bambini italiani possono dare a questo processo. Se i bambini apprendono sin dai primi anni i valori del rispetto, dell’ascolto, dell’aiuto e – non da ultimo – sono stimolati a conoscere e ad interagire con altre culture, allora tutto questo percorso sarà agevolato

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