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Intervista a PASCAL PLISSON
Regista documentarista
Intervista a PASCAL PLISSON
Regista documentarista

Con “Vado a scuola”, presentato al Festival del cinema di Locarno, ci ha restituito le storie straordinarie di quattro ragazzini nelle zone più remote del globo che ogni mattina intraprendono un difficile cammino per inseguire il proprio sogno. Quello di ricevere un’istruzione. Il regista Pascal Plisson racconta la genesi del film

Dalle savane del Kenya ai sentieri delle montagne dell’Atlante in Marocco, dal caldo soffocante dell’India ai vertiginosi altopiani della Patagonia, quattro bambini sono uniti dallo stesso sogno, quello di ricevere un’istruzione scolastica. Per farlo si trovano ad affrontare ogni giorno innumerevoli ostacoli, tra distanze enormi e pericoli concreti.
Sono Jackson, Zahira, Samuel e Carlito, piccoli grandi eroi, tutti tra i 10 e gli 11 anni, di “Vado a scuola”, il film che il francese Bernard Plisson, presentato al Festival di Locarno e portato in Italia da Two Academy, ha girato sul tema dell’accesso all’istruzione nel mondo.
Restituendoci così la storia di Jackson, che abita in Kenya e percorre, mattina e sera, quindici chilometri in mezzo alla savana e agli animali selvaggi. E quella di Zahira, che sull’Atlante marocchino cammina un giorno intero per raggiungere la scuola. O ancora quella di Samuel, che in India percorre quotidianamente otto chilometri, spinto nella sua carrozzina dai due fratelli minori. E, infine, Carlito, che per studiare attraversa le pianure della Patagonia per oltre venticinque chilometri, portando con sé la sorellina.

Come è nata l’idea del film?
Ero nel Nord del Kenya, alla ricerca di location per un film, quando ho intravisto alcune strane forme in lontananza. Era impossibile sapere se fossero zebre o qualche altra specie di animale o esseri umani. Quando si sono avvicinati mi sono accorto che erano tre giovani Masai, che avevano lasciato la casa prima dell’alba e avevano corso per due ore per arrivare a scuola. Prima di allora, nonostante avessi viaggiato in lungo e in largo, incontrando un sacco di ragazzi in tutto il mondo, non conoscevo gli sforzi che questi bambini compiono per poter accedere alla conoscenza. Questo incontro mi ha commosso profondamente.

Come ha scoperto i quattro ‘eroi’ del film?
Una volta deciso che volevo raccontare le storie di questi bambini con il sostegno dell’Unesco e di Aide et action ci siamo messi in cerca degli alunni che affrontavano i viaggi più difficili per raggiungere la scuola. Abbiamo raccolto circa sessanta storie, provenienti da tutto il mondo. Ci siamo resi conto che questi bambini, non solo lottano per andare a scuola, ma sono molto consapevoli della loro situazione e sono coscienti del fatto che la scuola ha un ruolo fondamentale per il loro futuro. Alla fine abbiamo reputato quelle di Jackson, Zahira, Samuel e Carlito come le più emblematiche.

Come sono state effettuate le riprese?
Questi bambini non sono attori, volevo che continuassero a vivere la loro vita come al solito. Era importante che rimanessero se stessi nonostante la nostra presenza. Ho speso una grande quantità di tempo per ottenere la loro fiducia, li ho incontrati e ho parlato con loro, da solo, senza la mia macchina fotografica, mi hanno parlato dei loro sogni e dei loro desideri. Poi, ho fatto il viaggio a scuola con ciascuno di loro diverse volte, così ho potuto veramente capire com’era, cosa succedeva durante il cammino. Siamo stati dodici giorni con ogni bambino, cercando di interferire il meno possibile con la loro vita. L’unica cosa che ho chiesto loro è stata di non guardare in macchina. Ho voluto che si comportassero normalmente, ho diretto il film senza dirigere gli attori.

Come era l’ambiente familiare di questi bambini?
Per quasi tutte le famiglie che ho incontrato, questi bambini sono la prima generazione ad andare a scuola. Appena quindici anni fa, era ancora considerato ridicolo mandare i bambini a scuola perché significava allontanarli dalla loro cultura. Le cose sono cambiate. Anche negli angoli più remoti della terra, la gente ora si rende conto che l’accesso alla conoscenza è una reale opportunità.

Che cosa le è rimasto di questa esperienza?
Non dimenticherò mai tutta questa avventura. Spero di mostrare al pubblico che ci sono altre realtà, che l’accesso alla conoscenza è di fondamentale importanza per tutti i bambini del mondo. Nel mondo occidentale abbiamo la fortuna di avere una scuola proprio dietro ogni angolo, ma nel resto del mondo non è così. Ogni bambino deve essere aiutato a sviluppare il proprio potenziale, sia che viva in un angolo sperduto del pianeta, o tra le montagne più remote, o nelle nostre città. Più impegnativo è l’ambiente, più motivati sono i bambini. Se gli diamo questa possibilità saremo tutti più ricchi.

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