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EMANUELA GIAMPAOLI - Giornalista EMANUELA GIAMPAOLI - Giornalista
Un uomo che per tutta la vita si è raccontato attraverso le reazioni della sua carne a quel che gli accadeva. Un ragazzino che si sente un’anima fragile per una piccola menomazione sessuale. E infine un grande artista che ci invita a riannodare i nessi con il tessuto della società. Storie diverse che richiamano a una verità spesso dimenticata: siamo il nostro corpo

 

“Uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”. È la definizione basilare e al tempo stesso efficace che l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, offre della salute. Un concetto che le discipline olistiche hanno scoperto da tempo, che non sempre la medicina tradizionale è però pronta a riconoscere. Eppure il tema è sempre più spesso al centro dell’indagine estetica di artisti e intellettuali, che si interrogano sul rapporto tra psiche e corpo, e su quanto l’una sia in grado di influenzare profondamente l’altro. E viceversa.
Uno degli sguardi che meglio restituiscono la complessità del discorso è “Storia di un corpo”, il bel libro di Daniel Pennac del 2012 che Feltrinelli ha da poco riportato sugli scaffali delle librerie in un’edizione arricchita di molte parti inedite e delle illustrazioni di un grande maestro del disegno d’Oltralpe come Manu Larcenet. Pagine che hanno preso forma dal diario, o meglio dal ‘journal’ che una certa Lison, amica dello scrittore, si è vista consegnare dal notaio alla morte del padre, per volontà dello stesso. Fogli fitti in cui l’uomo, dai 12 agli 87 anni, ha annotato la propria vicenda terrena da un punto di vista inedito e straordinario: quello del proprio corpo. Con i suoi splendori e le sue miserie.
Un piccolo capolavoro fatto di umori, reazioni fisiche e pulsioni, dalla pubertà all’invecchiamento, messi in relazione con gli amori, i piaceri, i timori, i dubbi e le sensazioni che la vita ci offre. Una cronaca puntuale dei cambiamenti del nostro corpo che «fanno pensare a quelle vie che percorri da anni. Un bel giorno un negozio chiude, l’insegna è scomparsa, il locale è vuoto, c’è un cartello affittasi, e ti domandi cosa c’era prima, cioè la settimana scorsa» scrive Pennac.
Più irriverente ma altrettanto calzante è il film di Duccio Chiarini “Short Skin”, uscito nelle sale italiane il 23 aprile, dopo l’anteprima mondiale al Festival di Berlino. Qui il protagonista è il diciassettenne Edoardo che fin da bambino soffre di una malformazione al prepuzio, motivo di angosce e di insicurezze. Chiuso nel suo mondo, Edoardo si sente circondato da persone che sembrano interessarsi solo al sesso. C’è l’amico Arturo che insegue con determinazione il mito della ‘prima volta’, i suoi genitori che pressano perché Edoardo si dichiari a Bianca e persino la sorellina Olivia si è messa in testa di fare accoppiare il cane di famiglia Teagan.
Il giovane protagonista dapprima cercherà di risolvere il problema con strampalate acrobazie per trovare infine il coraggio di affrontare le (vere) paure. «L’idea – ha rivelato il regista – mi è venuta leggendo il fumetto di Gipi ‘La mia vita disegnata male’: in particolare la parte della visita andrologica mi ha fatto ricordare che da ragazzino avevo vissuto un’esperienza analoga, parimenti traumatica. Ho così recuperato memorie mie e di amici e ho voluto raccontare la dicotomia tra interno ed esterno, che soprattutto in quella fase della vita di un ragazzo, è particolarmente acuita. Quello che volevo davvero raccontare sono le fragilità e le debolezze del sesso maschile, troppo spesso rappresentato facendo esclusivo riferimento agli stereotipi del machismo”.
Dal corpo individuale al corpo come comunità. Ad ampliare ancor di più l’Orizzonte è «Nessi», il nuovo spettacolo di Alessandro Bergonzoni. Dopo gli straordinari successi di “Urge”, oltre tre anni di tour, 270 repliche, sempre codiretto dallo storico collaboratore Riccardo Rodolfi, Bergonzoni propone una riflessione sul fatto che non solo siamo anima e corpo, ma che viviamo immersi in una comunità che vale la pena riconoscere. «Ogni secondo sulla Terra una persona muore e una viene al mondo. Per questo sul mio sito c’è un contatore che tiene aggiornato il conto di un anno, il bilancio tra vite che arrivano e che si spengono» spiega l’artista.
«’Nessi’ parte da qui e infatti è uno spettacolo che non finisce quando cala il sipario. Per la non bastevolezza del teatro. Così come un libro non finisce quando si arriva all’ultima pagina. Quando si torna a casa si deve continuare a vedere, a sentire, ascoltare. A entrare in relazione». È un’invocazione: a cercare legami, a  sintonizzarsi con altre frequenze. A riattivare i nessi, appunto. «L’uomo – continua Bergonzoni – da quando nasce, cuce, tesse ha un ordito, una trama. Questi nessi sono i legami che noi dobbiamo riannodare».

 

UN DONO DA UNO SCONOSCIUTO
“C’è un’economia sovversiva del dono, del gratis, dello spariglio che riceve in cambio una restituzione gigantesca. Si tratta del dono da vita a vita.” Lo scrive Erri De Luca nella prefazione del libro “Il dono”, pubblicato da Feltrinelli. È la storia di una bambina Ale che si ammala di leucemia. Chemioterapia, ospedali, viaggi, traslochi. E, alla fine, la buona notizia: la malattia è in remissione. Quando la bimba ha dieci anni però la leucemia ritorna. Stavolta l’unica speranza è un trapianto di midollo osseo. È allora che nella vita di Emanuela Imprescia, la madre di Ale, entra quel numero scandaloso: 1 su 100.000. Ovvero la probabilità di trovare un donatore compatibile. Un numero che suona come una condanna per molti malati. Ma nel caso di Ale si trasforma in una possibilità: da qualche parte in Germania, una giovane donna geneticamente compatibile con Ale ha scelto di iscriversi nel registro dei donatori ed è disposta a donarsi per aiutarlo a rinascere. Emanuela Imprescia lavora da anni nell’Admo, l’Associazione donatori di midollo osseo, per sensibilizzare tutti gli italiani  sull’importanza di donare la possibilità di una vita a tutti coloro che hanno una sola possibilità. In questo libro il perché.
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