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Intervista a FRANCESCO PROFUMO
Ministro dell’Istruzione

di SILVIA VICCHI di SILVIA VICCHI
“Credo in un Ministero non più autorizzativo, ma cooperativo. Un Ministero che detti le policies, che aiuti le singole scuole nella fase di avviamento e che poi valuti i risultati…”

 

Signor Ministro, in un momento di scelte dure per il Paese, lei ha spesso parlato di in­vestimenti sulla scuola. C’è una reale volontà di tornare a investire su formazione e istru­zione, dopo un triennio di tagli?

Certamente sì, questa è una delle priorità del Governo e il fatto che al Tavolo sul Lavoro ci sia anche la formazione, in termini di formazione permanente, che significa per tutta la vita, credo sia un segnale molto forte. Certamente nell’anno 2012 non ci saranno tagli e lavoreremo affinché la scuola riabbia in primis la giusta reputazione. In questi miei primi mesi ho fatto molte visite a scuole, università, centri di ricerca e come in fondo mi aspettavo, esiste una comunità di docenti, studenti, dirigenti, genitori, di grandissimo valore. Ogni volta che si alza il coperchio, si trovano veramente tante esperienze di qualità, che hanno bisogno di essere considerate, ascoltate, valutate per quello che realmente valgono.

Lei è andato a sedersi tra i banchi coi ragazzi, che impressione ne ha avuto?

Che non è cambiato nulla dagli anni Sessanta: l’insegnante sta in cattedra, gli studenti di fronte, in una lezione frontale. Invece andrebbe cambiata la disposizione delle classi, così come i gruppi di studenti, che devono spostarsi, mescolarsi, affrontare nuove e diverse situazioni.

Una strada per il rilancio della scuola può essere quella di rendere le scuole soggetto attivo? Si può pensare alla sussidiarietà e alla governance autonoma all’interno della singola istituzione scolastica come a una soluzione?

Credo in un Ministero non più autorizzativo, ma cooperativo. Un Ministero che detti le policies, che aiuti le singole scuole nella fase di avviamento e che poi valuti i risultati. Deve esserci un percorso molto lineare da questo punto di vista, perché le scuole in un regime di autonomia responsabile debbano definire il loro progetto.

Che ruolo può avere il non profit – associazionismo, volontariato, cooperazione sociale – nella crescita dei giovani studenti, per la costruzione di una cittadinanza attiva e responsabile?

Io credo che sia un elemento fondamentale per lo sviluppo della nostra società. Il Terzo settore in generale è indubbiamente un grandissimo valore e in un Paese come il nostro è un valore aggiunto. Certamente la sensibilità e l’esperienza che abbiamo noi come Paese Italia in questo settore ha pochi equivalenti al mondo e quindi credo che come tale debba essere considerato, valutato e che debba essere anche aiutato.

Tanti ragazzi al termine delle lezioni scolastiche hanno davanti pomeriggi vuoti, senza nessun riferimento, o stimolo, positivo. La scuola può diventare un luogo di aggregazione e non solo di istruzione?

Io ho quasi sognato di potere avviare un progetto di scuole come civic center, centro civico, all’interno dei quartieri, come già avviene in altri Paesi. Edifici aperti dal mattino alla sera tardi, multifunzionali, nel senso che nell’orario scolastico sono scuole, ma poi diventano centro ricreativo, palestre, biblioteche, centro di comunità, centro di formazione per adulti, centro culturale, centro di attività collaterate al quartiere, al territorio. Quindi una scuola molto più aperta, luogo per l’aggregazione di giovani, meno giovani, persone che vogliono dedicare tempo alla cosa che ritengo la più importante del Paese, che è quella della formazione dei giovani. Se ne trarrebbe un grande vantaggio anche economico, perché i privati, il Comune, potrebbero investire nelle scuole stesse, con benefici alle strutture, in termini di attrezzature, di decoro e di pulizia.

Cosa accadrà in futuro per il sostegno? Può intervenire anche qui la cooperazione sociale come forma strutturata e riconosciuta?

Certamente sì, la cooperazione sociale anche e soprattutto in questo settore è determinante. Io credo che sul tema del sostegno debba essere fatta una valutazione oggettiva, in termini della grande esperienza che c’è stata in Italia e che ha pochi eguali anche questa nel mondo. Ma deve esserci anche una giusta valutazione nell’identificazione delle persone che hanno veramente bisogno. Non si può generalizzare il tipo di bisogno, di supporto, ma è necessario andare nel dettaglio e identificare un progetto ad hoc e questo lo può fare solo la scuola, perché conosce i suoi studenti, i suoi alunni, i suoi docenti. E questo è proprio uno di quegli elementi di autonomia responsabile di cui parlavo in precedenza.

A cosa punta il suo Ministero, per quanto riguarda la ricerca?

Stiamo lavorando sulla formazione e l’informazione, con un road-show su Horizon 2020. Vogliamo dare all’Italia l’abitudine di giocare d’anticipo e voglio sottolineare che come Ministero non dimenticheremo anche il livello delle scienze sociali, finora non toccato a livello UE.

 
“ Io ho quasi sognato di potere avviare un progetto di scuole come civic center, centro civico, all’interno dei quartieri, come già avviene in altri Paesi. Edifici aperti dal mattino alla sera tardi, multifunzionali, nel senso che nell’orario scolastico sono scuole, ma poi diventano centro ricreativo, palestre, biblioteche, centro di comunità, centro di formazione per adulti, centro culturale, centro di attività collaterate al quartiere, al territorio. Quindi una scuola molto più aperta, luogo per l’aggregazione di giovani, meno giovani, persone che vogliono dedicare tempo alla cosa che ritengo la più importante del Paese, che è quella della formazione dei giovani.”
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