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MATTIA SOGARO MATTIA SOGARO
Il sistema universitario italiano sta attraversando anni di continui cambiamenti dovuti a interventi normativi da parte del Ministero e da ultimo, per mezzo della “Legge Gelmini”, del Parlamento. Tuttavia il dibattito attorno all’università negli ultimi anni non è stato sollevato tanto dagli interventi di riforma, quanto dai tagli che hanno interessato il settore. Infatti se da un lato si sono sollevate le proteste del mondo universitario per una presunta incapacità della politica di scommettere sull’istruzione e sulla ricerca in un momento di crisi, dall’altra molti giornalisti hanno colto l’occasione per indagare e far emergere, spesso in modo esasperato e scandalistico, le inefficienze e i malfunzionamenti di un sistema tanto vincolato alla burocrazia centrale, quanto eterogeneo nelle sue realtà locali.

 

 

Qual è la situazione del sistema universitario italiano oggi? Una cosa è certa, se da un lato la qualità media delle nostre università (sia in termini di qualità della ricerca che della didattica) è assolutamente rispettabile e competitiva nel panorama internazionale, manca però al nostro sistema la capacità di sviluppare singoli poli d’eccellenza. Certamente i numerosi interventi normativi degli ultimi anni hanno spinto il sistema, almeno in linea di principio, verso la direzione giusta, cercando di fissare requisiti minimi di qualità, assieme ad una definizione di obiettivi e valutazione dei risultati. Però tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, così spesso e volentieri il legislatore ha unito a obiettivi condivisibili normative soffocanti, cedendo ad un centralismo dirigista che nel nostro paese non ha ancora abbandonato scuola e università. Tale configurazione non fa che penalizzare
le non poche realtà che in questi anni hanno cercato di innovarsi e creare eccellenza.
Risulta particolarmente significativa la classifica “QS SAFE – National System Strength Rankings” in cui si valutano i sistemi universitari nazionali aggregando gli indicatori relativi ai singoli atenei. Nell’indagine svolta nel 2008 l’Italia si colloca al 12° posto nel mondo, 7° in Europa. Risulta tuttavia significativo l’indicatore Accessibility che misura la percentuale di studenti di un Paese che studia in una “buona” università: in questo caso l’Italia si posiziona al terzo posto al mondo, dopo Stati Uniti e Australia, prima in Europa.
All’interno del contesto sino ad ora descritto, estremamente eterogeneo, con solidi requisiti qualitativi ma incapace di valorizzare le proprie eccellenze, occorre porre l’attenzione sul tema della condizione studentesca. Infatti, pur nell’ambito di un sistema universitario caratterizzato da scarsa autonomia e possibilità di sperimentazione di modelli innovativi da parte dei singoli atenei, gli studenti hanno imparato in questi anni a scegliere e a spostarsi alla ricerca dell’offerta migliore non solo sotto l’aspetto formativo, ma anche tenendo conto delle opportunità lavorative future.
Certamente l’attuale crisi economica spinge tutti i giovani a cercare le migliori opportunità offerta dalle università, come dimostra un aumento degli studenti fuori sede nelle università italiane. In questo contesto tuttavia le scelte degli studenti risultano particolarmente influenzate dalle condizioni economiche e sociali di partenza. È proprio a questo aspetto della condizione studentesca che dovrebbe porre l’attenzione il diritto allo studio sancito dalla nostra Costituzione: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.» si tratta di un
argomento particolarmente critico del nostro sistema universitario, che proprio in questi giorni verrà riformato dal governo come previsto dalla Legge Gelmini, abrogando il sistema vigente disciplinato dall’obsoleta legge n. 390 del 1991.
Il diritto allo studio, pur essendo fortemente incentrato sull’intervento statale, non è estraneo a opportunità che possano provenire anche dalla libera iniziativa di privati cittadini e imprese. Il Politecnico di Milano, nell’autunno 2011, ha erogato circa 220.000 € di borse di studio per studenti particolarmente meritevoli grazie ad una donazione da parte di Autostrade per l’Italia SpA. Tale iniziativa mostra come anche in un periodo non facile per le aziende vi è la capacità di apprezzare e sostenere economicamente la formazione di capitale umano da parte di soggetti privati. Come lo stato sostiene e incoraggia una simile, lodevole iniziativa? Equiparando tali borse di studio a reddito di lavoro indipendente, con significative penalizzazioni fiscali sia per lo studente che ne beneficia, sia per il suo nucleo familiare. Le borse di studio infatti (salvo quelle erogate dallo Stato e pertanto esentasse) sono tassate IRPEF e chi ne beneficia non può più essere considerato figlio a carico.
In conclusione, il nostro sistema universitario e gli studenti innanzi tutto non hanno bisogno di nuove riforme, tantomeno di un ulteriore accanimento normativo. Occorre invece lasciare, oggi più che mai, la libertà di poter costruire ai tanti studenti e docenti che ancora credono che il nostro non sia un paese per vecchi.

 
…Le scelte degli studenti risultano particolarmente influenzate dalle condizioni economiche e sociali di partenza. È proprio a questo aspetto della condizione studentesca che dovrebbe porre l’attenzione il diritto allo studio sancito dalla nostra Costituzione: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.»


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